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— Mikali, — disse curvandosi su lui, — coraggio; sarà niente, andiamo!

Zia Maria Luisa, nonostante l’angoscia che la premeva, s’informò dello stato di Vittoria e se c’era pericolo e se avevano chiamato il dottore. Allora Mikali parve svegliarsi dal suo incubo; ebbe vergogna delle sue lagrime e mentì.

— Sì, Vittoria sta male. Andiamo.

Quando fu nel cortile e rivide la finestra illuminata della morente si accorse di non aver neppure domandato notizie di lei.

— Come sta? — chiese al frate che gli camminava dietro zoppicando e guardando per terra.

— Non passa la notte. Ma è tranquilla; è là nel suo lettuccio come un uccellino malato nel nido. È diventata piccola piccola; non ha più viso, più corpo; non ha che gli occhi ove l’anima s’è raccolta come l’allodola sulla cima azzurra della rupe per spiccare il volo... Sia lodato Dio...

La sua voce, per quanto lieve, risuonava nel silenzio notturno della brughiera; egli camminava guardando il buio, ma la visione della cameretta dove si volgeva il grande mistero, la cameretta bianca e nuda arrossata appena dal chiarore della lampada come dalla luce del tramonto, gli stava sempre davanti.

Continuò sottovoce:

— È là, bianca come la luna che sta per tramontare; ma capisce perfettamente il suo stato ed è contenta; non ho mai veduto una crea-