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Così, un po’ scherzando, un po’ supplicando, riuscirono a calmarlo, ed egli rientrò e cenarono come se niente fosse: solo dopo che Vittoria pallida e calma diede alcuni ordini al servo per l’indomani e andò a coricarsi e l’uomo fu uscito, Marianna Zanche sollevò il viso ansioso.

— Ascolta, Mikali; io ti devo dire una cosa. Hai coscienza, Mikali? Se hai coscienza non trattare così tua moglie.

— Siete voi donne che mi tormentate! Perchè la gobba mi segue e mi spia? Sono un uomo da essere spiato, io? Sono stanco e voglio andarmene.

— Bada, Mikali! Tu non ami tua moglie.

— Nessun uomo al mondo ama e rispetta sua moglie come io Vittoria. Ma io voglio andarmene da questa casa perchè voglio essere anche io rispettato. Madre, questa casa non è nostra.

— Nulla c’è di nostro, nel mondo, Mikali! Siamo estranei dovunque, siamo di passaggio, e dovremo andarcene. Vedi Sirena? Vedi Battista Zoncheddu? Esse se ne vanno senza far rumore nè scandalo. Arriverà anche il nostro turno: ma che almeno il carico da portare via non sia troppo grave.

Egli non rispose. Curvo davanti al fuoco, gli sembrava di avere già sopra le spalle il carico di cui parlava sua madre; e mentre ella continuava il suo sermone, egli senza più darle retta pensava ai casi suoi; o per dire il vero cercava di concentrarsi, di richiamare alla memoria una cosa dimenticata; impressione che da qualche