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Ella si svincolò e corse di nuovo nello stradone. Ma di nuovo arrivata al punto ove una notte Andrea s’era fermato guardando la stella della sera, rallentò il passo per riprendere respiro. Nello stazzo brillava un lume, forse alla finestra di Battista moribonda; un lume rossastro che attirava lo sguardo come un occhio vigile nella notte. Un uomo sdraiato sul paracarri dello stradone, col gomito sulla pietra e la testa sulla mano, fissava gli occhi alla finestra, e non si mosse finchè la gobbina avvicinandosi non gli soffiò sul viso il suo alito ansante.

— Mikali!

Egli balzò a sedere, s’accomodò la berretta che gli cadeva dal capo e guardò la donna senza parlare, vinto a poco a poco da un furore ardente. Lo spiavano dunque? Gli mettevano alle calcagne quel cagnolino ringhioso per sorvegliarlo e tormentarlo anche fuori di casa?

— Mikali, che fai qui?

— Quello che mi pare e piace...

— Mikali, è un’ora che corro affannata per cercarti... Vittoria sta male... Corri, va, testa matta...

Di tutti gli insulti che aveva preparato, non seppe dirgliene altro; ma bastò perchè egli prorompesse: si gettò su lei, la prese per gli omeri e la scosse, cercando di buttarla a terra.

— Pipistrello nero, ti schiaccio! Neanche nella strada mi lasciate in pace? Vittoria sta male? Va e chiama il dottore allora, non chiamare me! Va, mi avete messo sotto i piedi co-