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— Sia fatta la volontà di Dio, — mormorò. — Morire è finire di soffrire.

— Mala fata! Io preferisco vivere: soffrire, combattere anche coi diavoli, ma vivere. Vi dirò, dunque, che ho veduto il padrone poco fa, là da Ciara. Sta bene, Mikali; è grasso e forte come un lupo: non gli manca niente, sfido! «Dunque, gli dissi, quando si accomoda questa casa nel predio, che ci conduco la mia Ignazia?» Egli rise. Disse: «La vuoi dunque nascondere la tua capra nera? Bene, perdio, ti contenterò; appena le giornate si allungano mando il muratore, malanno lo colga, che si vuol pagato come un prete, adesso che l’America ha stregato tutti». Come rideva guardando Ciara! Ma ridevo anch’io, m’ammazzino col bastone; sono allegro, adesso, per le parole di Mikali, allegro come un folletto.

— Che faceva Mikali? — domandò la donna, pensierosa.

— Beveva, perdio! Che volete che facesse? È l’ultimo giorno di carnevale.

Ella guardò verso l’uscio e riprese sottovoce:

— Dimmi la verità; che c’è fra lui e quella malandata?

— Io non so nulla, m’uccidano! Io sto sempre fuori, nel predio; lavoro come un lupo. Adesso, ricostruisco i muraglioni della vigna e combatto con le pietre come un leone. Oh, e la padrona, dunque, si può salutare?

Marianna Zanche chiamò Vittoria e questa entrò lentamente.

Aveva i piedi gonfi, la pelle del viso mac-