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avevano il colore del mare, come si vedeva dal prediu: verdi e dorati.
— Sai, Mikà, è stato proprio quella notte... San Costantino mio, come sarà bello! Io vorrei...
— Cosa?
Ma non osò dire che avrebbe voluto chiamarlo Andrea.
*
Mikali, da quella notte in poi, andò a dormire in un’altra camera, poichè per il sardo la donna gravida è sacra: così alla notte poteva tornare all’ora che voleva, e nella bettola si vantava di aver generato un figlio come se avesse creato il mondo.
— Del resto non è il primo, Mikà!
— Io non so nulla degli altri, così Dio mi assista; che ne so io? Questo solo è mio perchè è di Vittoria mia moglie.
Diceva «Vittoria mia moglie» come un re dice «sua maestà la Regina». E in vero nel chiaroscuro della bettola, tra i volti arsi dei lavoratori e i visi scarni degli altri piccoli proprietari sfaccendati, il suo viso raso e pieno, dal profilo possente, spiccava come quello di un imperatore annojato sceso a divertirsi nella taverna. Le sue mani erano bianche, il suo collo grasso si ripiegava un po’ sul colletto ricamato e allacciato con bottoni d’oro.
La piccola ostessa magra non cessava di fissarlo coi grandi occhi neri nel viso verdastro,