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— Mikali! — ella dice con voce grave e triste. — Sai chi è la maschera? È il cacciatore. Che coraggio ha avuto!
— Ebbene? Tutto oramai è passato. Che vuoi fare? Uno scandalo? Spaventare la nostre madri... oggi che siamo contenti?
— Mikali...
— Zitta! — egli dice; e le chiude la bocca col sigillo ardente della sua per impedirle di pronunziare altre parole inutili. Il passato è passato; e i canti, i suoni, i gridi di gioia accompagnano il bacio dell’oblio.
*
In giugno andarono al podere di Santa Maria.
Mikali aveva preso la direzione degli affari e dava prova d’essere un buon proprietario. Molte cose erano arruffate, ed egli le districava con calma e prudenza, dicendo che il patrimonio lasciato da Bakis Zanche era come un cavallo zoppo imbizzarrito; ma lui, abituato a domare puledri, l’avrebbe rimesso a posto.
— Vedrai com’è il prediu, Vittoria mia, vedrai; una foresta. Ma non voglio parlare finchè non arriviamo.
Cavalcavano all’uso sardo, sullo stesso cavallo, attraversando la costa della montagna verso il mare, lungo il sentiero che egli aveva percorso nella notte fatale.
Le ginestre fiorite, così gialle che abbagliavano a guardarle, coprivano le chine, e là dietro, la cima di Tavolara sembrava di perla. Fa-