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vecchi e delle vedove, tutto svanì; essi soli esistevano, col loro amore, cullati da grida e da suoni di festa.

Ma la maschera vestita da donna passò davanti a loro ballando e gridò quasi brutalmente:

— Vi guarderete più tardi. Da bere, adesso, oh!

— Mi sembra di riconoscere questa voce — disse Vittoria pensierosa.

Dove l’aveva sentita? In un luogo triste, forse, perchè di nuovo un’ombra oscurò la sua ebbrezza.

Anche Mikali aggrottò di nuovo le sopracciglia; entrando però nella stanza terrena per versare il vino nei boccali si rasserenò; intorno si ammucchiava il frumento mandato in dono agli sposi, e sulla tavola gli agnelli neri morti posavano la testina insanguinata sui mazzi di alloro, come dormissero ancora nella brughiera; l’odore del vino si mischiava all’aroma del miele cotto, e tutto era festa nella casa.

Egli ricordava sempre la notte di odio e di dolore quando aveva fatto cantare il ragazzo sotto le finestre di Vittoria; e adesso era lui il padrone, era dentro la casa che gli era parsa una fortezza inespugnabile; e il poter far mostra della sua fortuna ai parenti e ai vicini colmava la sua gioia.

Ecco però Vittoria avanzarsi col suo passo elastico, lieve e dolce come la felicità stessa.

— Non può stare un momento senza di me — pensa Mikali, deponendo il boccale per abbracciarla.