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— Io non sono mai stato un grassatore, hai inteso, lingua d’inferno? — gridò zio Bakis, e afferrò per la sottana una mascherina cercando di palparle le gambe.

— Sei giovane; hai le ginocchia ancora piccole e tenere — disse, suscitando le proteste della mascherina e le risate delle compagne.

— La vostra testa è dura, invece, ziu Bà! Ma non tanto che io non prenda il vostro bastone e ve la rompa!

— Bene! Questo vino? Questi biscotti?

Le mascherine esaminavano i gioielli di Vittoria; ella riconosceva gli occhi delle sue antiche amiche, e sorrideva loro con le labbra rosse dei baci di Mikali. Ma una le disse all’orecchio:

— Sei più contenta tu, di Battista Zoncheddu! — e tosto un’ombra lieve passò sul cielo ardente della sua felicità.

Si scostò, come paurosa di sentire altre parole segrete, e disse a Mikali, guardandolo con amore:

— Mikali, che fai? Fa versare, dunque!

— Niente, se non si fanno conoscere: che modo è questo? — gridò zio Bakis. — Giù la maschera...

Le donne però, piuttosto che lasciarsi riconoscere dagli uomini, preferivano non bere nè mangiare.

— Figlia mia, conducile nella tua camera, — propose zia Marianna, e così fu fatto.

Mangiato e bevuto che ebbero, ritornarono in cucina ridendo e riallacciandosi la maschera sul