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argentina; d’improvviso però uno sbadiglio la stroncò, ed ella si mise a ridere.
— Ricordavo la storia del rovo!
Marianna Zanche continuò la preghiera come non avesse inteso, e le parole del «Padre nostro» si confusero col rumore delle stoviglie lavate da Ignazia e col cigolìo della fiamma alta sul focolare. E intorno sulle pareti scure arrossate dal chiarore del fuoco le ombre deformi gigantesche sembravano i fantasmi placati dei morti che partecipassero alla preghiera di pace e di perdono.
VI.
Giorni sereni e lieti cominciarono allora per la casa Zanche.
La domenica ultima di carnevale alcune fanciulle degli stazzi vicini stabilirono di recarsi mascherate a fare gli augurii a Vittoria ed a Mikali, le cui nozze erano state celebrate senza inviti e all’alba come sponsali di vedovi.
A misura che le allegre mascherine attraversavano i campi solcati di rigagnoli e già verdi d’erba nuova tremula al vento, il loro numero cresceva: dagli stazzi ove si ballava e si cantava allegramente, uscivano giovanotti camuffati con scialli neri, pelli e sonagli, e le seguivano urlando come fauni.
Uno della mascherata suonava la fisarmonica e un’onda di melodia nostalgica passava sulla