vallo indomito che io non montavo? può dirlo il fattore del mio predio di Santa Maria a Mare, lui che è mio fratello di latte; può dirlo Sirena, tutti possono dirlo: io sembravo un leone giovine e forte. E il toro, forse non lo prendevo per le corna? Eppoi la donna lo sapeva. Perchè sposarmi se non voleva restare una buona moglie? Ma ella era una pezzente, una che andava a raccogliere erbe ed a raccattare legna. Non aveva casa nè contrada; figlia di servi era, e serva doveva finire. Il mio torto è stato questo, compare frate, così il fulmine mi sfiori, questo il mio peccato mortale, di non aver sposato una donna della mia condizione. Ma io era un uomo di cuore. La mia prima moglie, Anna Rosa Manunta, quella, sì, era una vera donna, della mia condizione, pari a me: edificò la mia casa, ma ebbe un solo torto, non mi diede figliuoli. E quando ella morì io rimasi solo in questa grande casa ove una donna era necessaria come il guardiano alla vigna. Mi fossi contentato di Sirena, che era qui da tanti anni ed era stata come la mia prima moglie. Oh, mi fossi contentato di lei e l’avessi sposata, anche non amandola più, per scontare con lei il nostro peccato. Invece caddi come l’allodola nella pania e sposai una ragazza povera, una povera figlia di servi, e la sollevai fino a me. Era bella, ecco tutto: peccai ancora carnalmente, sposandola. Ma era anche taciturna e religiosa anche: questo m’illuse. Perciò più tardi io dissi a mio figlio Andrea: non fidarti delle donne che sembrano