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cacciarmi via! Ricordi la promessa del vecchio padrone? Egli, Bakis Zanche, diceva: tu morrai qui, Bainzu Mastinu: e adesso quei due, dopo aver fatto crepare i veri padroni, vogliono assassinare anche me. Dopo che vi ho inaffiato col mio sangue, piante mie belle; Maria Franzisca, tu lo puoi dire (scuoteva il ciliegio le cui foglie già dorate cadevano sfiorandogli il viso come per carezzarlo). Ma mi vendicherò, e vi farò vendetta, piante mie: vedrete!
E faceva cenni di promessa ai mandorli ed ai susini, e tutte le piante intorno pareva gli rispondessero col fremito delle loro foglie scosse dal vento.
Più tardi s’incamminò verso lo stazzo Zanche, senza tralasciare di cogliere per Vittoria un cestino di uva ancora un poco acerba; andava curvo, sotto il peso dell’ingiustizia, e incontrato per caso lungo la strada frate Zironi gli raccontò il suo guaio.
— Se mi cacciano, dove vado? Mi volete lassù nel convento?
— Vittoria non vi farà questo torto; adesso vi accompagnerò io da lei. Del resto Dio provvederà, egli che pensava anche ad Elia nel deserto.
— Quello del corvo? Sì, a me i corvi rubano l’uva, non portano il pane; e quando non troveranno altro, intorno a me, mi piluccheranno gli occhi.
— Zitto, zitto! Dio si offende, non dei nostri peccati, ma della poca fiducia che abbiamo in lui.