Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/198


— 190 —

allo scongiuro: uscì quindi e domandò a zia Sirena, seduta a filare nel cortile, se sapeva le «parole» arcane la forza delle quali doveva liberare il frumento dagli insetti.

— Io non le so; e anche le sapessi non le direi. Sono cose che si tramandano di padre in figlio, da scongiuratore vecchio a scongiuratore giovane, come tesori preziosi.

Nella foga del parlare il fuso le cadde per terra, e poichè Vittoria lo raccolse e glielo restituì premurosa, i suoi occhi di solito minacciosi s’intenerirono.

— Dio ti assista, figlia d’oro; che ogni tuo passo ti porti verso il bene.

— Se sapesse dove vado! — disse Vittoria fra sè; e curvò la testa pensierosa. — Perchè andare lontano, per incontrarsi con Mikali? si domandava. Non potevano ritrovarsi da sua madre, o nello stazzo dove lei era la padrona? Ma una sete di emozioni la spingeva, dopo tanto tempo di monotona clausura; fosse pure un pericolo, era sempre meglio che quel continuo incubo di morte. Sì, bisognava andare da Mikali per dirgli addio e assicurarlo che ella non avrebbe più pensato ad altro uomo della terra. Uniti fra loro non potevano vivere, ma uniti ad altri neppure. Addio dunque, Mikali, addio, giovinezza, addio, fiore di passione: parti tranquillo e non tornare mai più; la felicità non è di questo mondo e neppure le parole magiche dello scongiuratore possono far cadere i bachi che rodono il cuore umano: addio.

Eppure non si sentiva triste come avrebbe