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ai suoi figli degeneri, da eroi vestiti di scarlatto divenuti emigranti coperti di stracci.

Ma zia Marianna scese con le forbici in mano, prese l’involto e spiegò il frustagno sulla bassa tavola da fare il pane.

— Vestito di scarlatto o di pelle di diavolo, Mikali è sempre Mikali, — disse a Battista per confortarla; — purchè sia salva la sua libertà e l’anima sua. Non piangere, figlia mia. In America forse egli sarà più vicino a te che non lo è qui. Dammi il refe, anima mia.

Allora le due donne cominciarono a cucire, e Battista si pungeva il dito perchè qualche goccia del suo sangue rimanesse coi punti dentro la stoffa e parlasse a lui quando fosse lontano nel mondo ignoto, dicendogli tutto l’affanno e il desiderio del cuore dond’era sgorgato.

Mikali intanto, fra le stoppie del campo mietuto e nei sentieri intorno, finiva di domare i puledri di Zuannandria Majore, sfogando su di essi la sua rabbia e il suo dolore: erano due bestie indiavolate, le peggiori che egli avesse avuto, e si rizzavano come giganti mostruosi riempiendo la brughiera di nitriti che sembravano urli umani.

— Siete indomiti come la mia sorte; ma vi domerò io, vi domerò!

Come essi lo trascinavano verso il torrente, ecco la gobbina sollevarsi fra le pietre a fior d’acqua sbattendo i panni lavati.

— Lo sapete che me ne vado? — gridò Mikali da lontano. — Forse non tornerò più, o se tornerò sarà... Ebbene, sì, diteglielo pure a vostra