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vivere sola, tanto più che i mosconi le ronzano attorno. Bisogna che si mariti.
— Io non voglio maritarmi, para!
— Perchè pensi sempre a Mikali! E se tu ne sposi un altro ricomincerà la storia di Marianna Zanche. Ricòrdati le parole che tu stessa mi hai detto un giorno qui, quando passò Mikali coi puledri.
Ella si nascose il viso fra le mani agitate da un tremito; rivedeva la dolce e terribile visione, e gridi di gioia e di angoscia le gonfiavano il petto, poichè lo stesso frate le pareva inviato dal demonio per accrescere le sue tentazioni.
— In verità, — disse, mentre grosse lagrime le scorrevano fra le dita, — mi pare di sognare. Voi parlate così, voi?... Ma... ma...
— Ci sono mille e mille ma, ai quali non sappiamo dar seguito, figlia d’oro. Ebbene, io ti dico: sposa Mikali e riprendi in casa tua Marianna Zanche. Così il filo rotto si riallaccerà e tutto andrà bene. Se no Mikali si perde, bada. Il puledro del dottore lo ha ammazzato lui. So le cose del mondo anche nella solitudine, Vittoria; tieni Mikali nella retta via...
Avevano ripreso a camminare ed ella procedeva a capo chino, con gli occhi fissi a terra, come cercando qualche cosa che aveva perduto e non ritrovava più; solo allo svolto dello stradone sollevò il viso e scorgendo la sua casetta, il tronco irsuto ricoperto d’edera, il campanile con le corde disegnate sullo sfondo infocato del cielo, riprese a piangere e a ridere come una bambina.