Pagina:Deledda - Le colpe altrui.djvu/179


— 171 —


Ristette, coi pugni sulla fronte che gli batteva da spezzarsi; la forma nera si scosse, si sollevò, come tirando su dalla terra due manciate di fieno. Era il puledro del dottore.

Mikali vedeva tutto confuso, e il formicolìo nelle vene cresceva aspro, diventava tortura: aveva voglia di gridare, ripetendo a tutti le parole che neppure sua madre voleva sentire: aveva bisogno di urlare, nella notte dolce, di intorbidare la quiete del mondo con l’ansito della sua passione; in modo che Vittoria lo sentisse, nella sua casa addormentata, nel suo cuore chiuso, e balzasse piena di terrore e di rimorso; e con lei tutti lo sentissero, da vicino e da lontano, e avessero paura di lui come del leone scappato al laccio. Intanto traeva e apriva il suo coltello, tastandone la lama col pollice. Quella era la sua chitarra: adesso avrebbe vibrato la nota dell’odio.

E si curvò sul puledro, che nel dormiveglia lo riconobbe e stette docile; e lo palpò cercando il punto fragile dell’occipite, carezzandolo e parlandogli sottovoce per vibrare meglio il colpo mortale.

— Mi dispiace a morte, perchè ti ho voluto bene come ad un cristiano; ma è necessario dare un’avvertenza al tuo padrone. Il tuo sangue gli dirà che deve stare attento a che non scorra anche il suo...

Il coltello luccicò alla luna, s’abbassò, sparve come una stilla d’acqua fra la criniera del puledro. L’animale sussultò tutto, con un grande ansito che gli gonfiò la pancia e gli sollevò la