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schiava, rimise a posto le panche e le sedie, chiuse le finestre, e infine disse a zia Sirena:

— Io mi cercherò un nuovo padrone: non offendetevi.

Ma la vecchia serva pensava a consolare Vittoria che diceva piangendo come una bambina abbandonata:

— Perchè ha fatto questo? Perchè ha fatto questo? Che peso mi ha lasciato!

— E i buoni cristiani a che servono se non per aiutarti? — disse il servo che somigliava a San Matteo, mentre Pancraziu scherzava chinandosi davanti alla nuova padrona con una bisaccia in mano.

— Su, versa qui dentro il carico, se ti pesa troppo. Me lo porto io.

— Che peso, che peso! — ella ripeteva, curvando le spalle, oppressa; e tutti intorno, sebbene cercassero di distrarla, sentivano una impressione di vuoto, un senso di imbarazzo, come se i padroni invece che morti se ne fossero andati dopo una questione fra loro ed errassero lontani pel mondo.

Prima di andare a coricarsi, Vittoria uscì nel cortile, sedette sulla panchina del tradimento e si mise a pregare; e tosto si accorse che Ignazia spiava da una finestruola. Perchè? La spiegazione gliela diede la gobbina, rimasta nello stazzo a farle compagnia.

— Mikali gira sempre qui intorno come un’anima in pena — le disse all’orecchio, sedendosi accanto a lei.

Ella però la spinse col gomito, costringendola ad alzarsi e a ritirarsi.