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bene alla vostra piccola Vittoria, alla vostra tortora... no, no... Che peso terribile sarebbe...
E pianse, finalmente; e le sue lagrime caddero sulle palpebre del vecchio e parve ch’egli piangesse dopo morto.
*
I parenti erano già tutti radunati per la lettura del testamento, in una grande stanza terrena che serviva per pulire il frumento dopo la raccolta o per banchetti in caso di feste straordinarie. Vittoria entrò, sedette in un angolo e guardò spaurita il notaio che coi gomiti sul tavolo, il capo chino, si batteva la punta delle dita sul cranio calvo.
— Aprite un poco la finestra, — egli disse sollevando gli occhi. — Si può cominciare.
Allora zio Bakis Pinna, cugino del morto, si alzò pesante e selvaggio e d’un colpo spalancò la finestruola; la luce viva verdognola dell’orto illuminò la stanza e Vittoria s’accorse che gli occhi di tutti i convenuti la fissavano acutamente. Ah, se quegli occhi fossero state palle, ella sarebbe caduta crivellata di ferite.
Tutti i parenti erano là, ricchi e poveri, uomini e donne; tutti, da zio Bakis Pinna, ricco proprietario di bestiame, a Prededdu Zanche, nipote del morto, che sebbene latitante, accusato di omicidio e di rapina, era venuto al convegno e guardava Vittoria con curiosità e ma-