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volta un servo ad aiutarlo. Il luogo è bello, fertile: va a visitarlo, quando c’è la festa della chiesetta lì accanto, in primavera. Vedrai: in maggio ci sono già le susine mature.
Ella ascoltava e taceva, sempre più magra, con gli occhi infossati e come coperti da una nuvola: il suo affanno maggiore era quando il vecchio, ripreso dal delirio, parlava con Andrea come fosse vivo e questionassero ancora. Egli non si illudeva, no; sapeva che la morte di Andrea era stata volontaria, ma l’attribuiva solo ai loro dissensi di famiglia.
Il rimorso rodeva Vittoria: quando egli le stringeva la mano, era tentata a inginocchiarsi e gridare la sua colpa; si vinceva per non farlo morire disperato, e di null’altro le importava: il suo spirito vagava lontano dalla terra come una piuma sospinta in alto fra le nuvole dal vento burrascoso, ed evitava anche il frate, il quale d’altronde non le rivolgeva mai la parola. Che dovevano dirsi?
Una sera Pancraziu s’affacciò silenzioso all’uscio chiamandola con un cenno del dito.
— Mikali è giù al portone e vuole sapere come sta suo padre — le disse sottovoce.
— Come Dio vuole — ella rispose a voce alta. — Digli che vada via e non torni più.
Pancraziu era troppo prudente per riferire tutte le parole di una donna; e Mikali continuò ad aggirarsi attorno allo stazzo dando anche qualche occhiata da padrone alla vigna e all’ovile abbandonati in mano dei servi.
Il martedì nel pomeriggio il dottore fece chia-