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— Senti, Tomas, — disse, portandosi un poco avanti il ragazzo al quale un giorno Vittoria aveva consegnato il fazzoletto. — Appena ritorna gli dici che venga senza fallo stasera a casa nostra: ho urgente bisogno di parlargli.

Ma ecco ripassare il prete nero nella strada dorata dal tramonto, con la scatola scintillante in mano e a fianco il sacrista rosso come una fiamma. I ragazzi si inginocchiarono in fila facendosi il segno della croce con le dita coperte di anelli di fave; poi seguirono tutti il Santo Sacramento inginocchiandosi ogni volta che si incontrava qualcuno e anche questi s’inginocchiava. Quando tornarono indietro era già sera; lunghe collane di stelle tremolavano sopra i neri profili della brughiera, e dalla cucina dello stazzo usciva l’odore delle fave cotte: stanchi ma felici sedettero di qua e di là sulla stuoja, sulla pietra del focolare, sullo scalino della porta, ascoltando le donne che chiacchieravano.

Chiacchieravano, anch’esse felici che avvenimenti straordinari come quelli di quei giorni rompessero la monotonia della vita degli stazzi. Solo zia Marianna taceva: sentiva però le sue idee chiare e vivide e tante e tante come le lucciole nella siepe lì davanti a lei. Che suo marito morisse non la addolorava molto; era meglio così, che egli finisse di soffrire; ma aspettava sempre che egli mandasse a chiamarla per concederle finalmente l’elemosina del suo perdono: dopo poteva morire tranquilla anche lei e ritrovarsi con lui e con Andrea nel mondo