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ferita; poi si calmò e mi chiamò. «Va e di’ a Vittoria che la voglio vedere prima di morire». E anche quella non voleva vedere nessuno! Come fare? Ero disperato, in fede di cristiano! Ma zia Pietrina tornò a casa sua e mi fece parlare dalla fessura dell’uscio di sua figlia, e Vittoria a un tratto si alzò, si mise la gonna sulla testa e andammo nello stazzo. Adesso Vittoria è là e il vecchio non grida più, ma sta male. Il medico dice che morrà, e che ci vorrebbe l’operazione; il malato però non vuole sentirne a parlare. Anche lui vuol morire.
Il frate sollevò il viso, poi subito lo reclinò: no, non gli conveniva parlare, sebbene forse il servo ne sapesse più di lui.
Passando davanti al macigno ove l’altro giorno aveva sostato, credette di sentire ancora il grido della cornacchia, e gli parve che un ago gli pungesse il cuore: oh, a che gli serviva la sua vita di penitenza, e la sua dottrina e la sua filosofia a che gli servivano, se non era stato buono neppure a impedire la morte di un cristiano?
Così, invece di conforto portava nella casa del dolore la sua pena fatta di rimorso e di umiliazione; gli pareva di andare verso il pozzo ma con la secchia piena: invece di attingere andava a versare.
Ed ecco di nuovo le vacche al pascolo, la vigna nana, le galline che raspano all’ombra del muro grigio scintillante di pezzetti di vetro. Dal portone aperto si vedevano le porticine sul cortile e tutte le finestre chiuse: pareva che gli