Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 129 — |
panno nero. Gli si piegavano le ginocchia, e aveva paura che il padre, nel vederlo, balzasse urlando. Ah, mai avrebbe creduto di essere così debole! Eppure andava su, spinto da una forza interiore; a tutti i costi, anche se Bakis Zanche l’avesse scacciato a colpi di pietra, doveva avvicinarsi al morto e vederlo e stare un’ultima volta con lui appiattati dietro il cespuglio come da ragazzetti quando Andrea andava a cercarlo di nascosto sfidando l’ira del padre.
Era un debito che, almeno una volta tanto, doveva restituirgli. Ma arrivato a pochi metri di distanza vide l’ombra gigantesca muoversi, e l’istinto della paura fu più forte di ogni altro: si piegò e stette immobile quasi inginocchiato, tenendosi ferma con la mano la berretta che gli scivolava dal capo.
Il cuore gli batteva forte: alle sue spalle saliva la luna e la valle fino al mare si riempiva di un chiarore azzurro; tutto fu di nuovo pace. Cessato il primo impeto di paura, egli provò gusto alla sua avventura: gli era sempre piaciuto sfidare i pericoli. Ricordò le parole del cacciatore al pastore: «Andrea deve aver strisciato a pancia a terra per cambiar posto», e cominciò anche lui a trascinarsi sulle ginocchia, fermandosi ogni tanto per guardarsi bene attorno; così fece quasi tutto il giro del cerchio di chiarore projettato dal fuoco, e finalmente all’ombra di un lentischio vide due uomini accovacciati accanto ad una forma nera.
Ecco, egli era là.
Allora si lasciò cadere disteso col petto a terra
Deledda. Le colpe altrui. | 9 |