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pesante sulle spalle, e ne sapeva il perchè. Andrea era passato di lì; suo padre era passato di lì; tutti e due con un grande peso sul cuore: ed egli diceva a sè stesso che, per quanto forte, non lo era al punto di non sentirsi avvolto dalla scia di affanno che questi due avevano lasciato lungo la via.

Ma più in là il rumore del torrente cessò, la montagna s’aprì verso il mare; il fresco, la rugiada, il silenzio, i lumi lontani, lo stesso senso di mistero che incombeva attorno gettarono come un velo sul suo dolore: e la sola preoccupazione di ritrovare il luogo della disgrazia e di avvicinarsi a suo padre senza destarne la collera, parve guidarlo.

Declivi molli d’erba scendevano adesso dal monte andando a perdersi nella landa confinante con la spiaggia; un crepuscolo argenteo sorgeva di laggiù dal mare; era l’alba della luna; e simile ad una enorme onda azzurrognola slanciatasi in alto e rimasta là pietrificata apparve a un tratto all’orizzonte l’isola di Tavolara.

Egli cominciò a ridiscendere; passando davanti a un ovile domandò notizie; e il pastore, lo stesso che il cacciatore aveva mandato nello stazzo Zanche con la funebre ambasciata, s’affacciò ancora stravolto all’apertura della capanna.

— Dire che li ho veduti passare stamattina uno dietro l’altro, col cane, e lui, Andrea Zanche, infelice, mi ha salutato! Verso le due, mentre conducevo le pecore al rio, rividi il caccia-