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convento, ospitati gratuitamente per l’amore e la gioia di Dio. Egli disse:

— Come fa, signorina, a vivere tutto l’anno in questo luogo?

Ella, che si era rimessa a sedere (la madre stava sempre di là, occupata con le sue pagnotte), istintivamente si aggiustò i capelli e il bavero bianco del vestito: poi riprese a parlare calma e giudiziosa:

— Anzitutto non si sta qui tutto l’anno. D’estate e buona parte dell’autunno andiamo alla miniera: c’è più fresco ed è tanto bello. Qualcuno viene a trovarci. Si suona la fisarmonica e il mandolino: si balla, anche. Le notti di luna sono meravigliose: tutta la montagna sembra d’argento. Il nonno brontola; poi, un bel momento, sparisce, col suo cane. Dove vadano non si sa, perché qui in paese non tornano. Qualcuno dice che si nascondono nella miniera; e non si rivedono se non quando noi si sta per andar via.

Al ricordo del vecchio stravagante, ancóra una volta l’ingegnere pensò che forse era meglio troncare l’affare: anzi gli parve una cattiva azione il trattenersi alla tavola delle Gilsi: eppure qualche cosa lo seduceva, lo incantava, forse per effetto del vino, del riposo dopo il viaggio, dell’impreveduta ospitalità offertagli; e sentiva che si sarebbe volentieri fermato lassù, almeno per una breve sosta, almeno per sentir chiacchierare la signorina Gilsi. Ella proseguì: