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ciare la sua collana, che ha il colore del suo vestito e dei suoi occhi; e con la saliva ingoia le parole del Dottore e qualche cosa di più amaro e salato ancora. E le pare di scendere in un luogo profondo, in una valle scura e fredda, ma dalla quale risale subito con un senso di volo. Con una voce sommessa ed esile di bambina, dice:

— Oggi lei mi parla come un confessore, ed io la ringrazio. Ma quelle che lei mi dice sono tutte vecchie cose che io so già a memoria. Adesso basta. Ho sbagliato, e il castigo mi segue come la mia ombra. Crede lei, però, che se io avessi fatto un matrimonio d’amore, anche con un altro principe, non sarei a quest’ora egualmente infelice? La mia natura è questa. Ho sempre voluto l’impossibile, e sempre forse lo vorrò. Ma ragiono, anche. Vi sono in me come tre persone. Alys che piange sulla sua sorte, Alys che ride e deride quell’altra; e infine una terza Alys che giudica le altre due e ne vede tutta l’incongruenza, il capriccio, la pazzia. Che si può fare? Cento volte sono stata sul punto di fuggire, sola, o con un amante, per cercare una vita diversa: e mai l’ho fatto perché so benissimo che il mio stato d’animo non cambierebbe che in peggio. Eppure una speranza di salvezza ce l’ho ancora.

Egli ascoltava attento, come quando poggiava l’orecchio alle spalle o al petto di un malato;