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per orgoglio, per paura e pietà del marito, per rispetto al figlio.

Eppure era una lettera di amore quella che avrebbe voluto scrivere; dell’amore grande e urgente che le gonfiava il cuore, come il lievito gonfia il pane, e come il pane aveva bisogno del contatto col fuoco per non crepare e inacidirsi.

«Io diventerò cattiva — voleva scrivere — anzi la sono già, con mio marito, col bambino, con tutti; e più la sarò, se qualcuno non mi salva».

Ma a chi dirlo?

Col viso fra i pugni, guardava il foglio bianco quasi con allucinazione. Le pareva uno specchio, nel quale però non vedeva che un’ombra irreale. E come da un’allucinazione parve scuotersi, quando Annarosa venne a dirle che il dottor Baldini desiderava salutarla.

— Oh, sì, sì — ella trillò, balzando, e corse incontro al vecchio, gli si rifugiò fra le braccia aperte, lo baciò sulla guancia appena sbarbata e fresca dell’aria del poggio.

Egli la stringeva e si schermiva nello stesso tempo, turbato e scherzoso.

— Oh, carissima, non facciamoci vedere dal principe consorte: altrimenti qui si rinnova la tragedia di Francesca.

Ella lo prese per la mano, lo trascinò di corsa fino al salottino, lo costrinse a sedere davanti al tavolo da lavoro.