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carne informe e insensibile, per lei rappresentava un mondo tutto nuovo e straripante di vita. Lo amava già, di un amore materno, e quindi sensuale; e lo voleva tutto per sé, contro la madre, contro la balia, sopratutto contro la nonna, che era, fra le tre, la più temibile. E forse per questo vegliava con più fedeltà la sua padrona; poiché se la padrona veniva a mancare, il bambino sarebbe rimasto tutto della nonna.

Ed ecco, in un momento di involontario sopore, le parve che la principessa la chiamasse. D’un balzo fu là. Alys stava immobile, con gli occhi pesantemente chiusi; e sul suo viso pareva si fosse pietrificato il riverbero verde della lampada. Era ancora il sonno del vivo, il suo, ma che sfumava in quello della morte.

E quell’odore acre che sgorgava dal letto come da una pozza di sangue bollente! Senza esitare un momento, Annarosa sollevò le coperte e vide la triste verità: la principessa si era stacciata la fasciatura, e lasciava che la sua vita se ne andasse col suo sangue.

Ma la donna non si spaventò. Senza neppure alzare la luce, provvide da sé: d’altronde aveva tutto sottomano, e in breve il sangue fu fermato. Allora ella aprì a forza la bocca della padrona e le versò in gola un cucchiaino di cognac. Alys aprì gli occhi, grandi, vuoti: riconobbe Annarosa, ma neppure quando ebbe ripreso i sensi le rivolse una parola. Anche in quel momento