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sorrise alla nonna; un sorriso che pareva avesse le ali: era la vita che riprendeva il suo volo.

Di là, nel salottino da lavoro, vegliavano silenziose la bruna Annarosa e la scarna leopardesca levatrice del paese: e nel salone il Dottore e il principe, che per volontà espressa di Alys non dovevano entrare nella camera di lei se non chiamati dalla nonna.

Seduti di fronte, ostentavano entrambi una calma indifferenza per l’avvenimento, parlando di cose varie; ma non alzavano mai la voce, avvinti, in fondo, da un medesimo senso di mistero ed anche di paura.

Il dottore, forse, era il più trepidante: sebbene si credesse un ottimo ostetrico, e ricordasse di aver assistito con esito felice alla nascita di Alys, avrebbe questa volta preferito di essere sostituito da un altro.

Anche il principe pensava la stessa cosa: ma Alys aveva voluto così; e oramai ella era l’assoluta padrona di tutti.

Ciascuno dei due uomini indovinava i sentimenti dell’altro: reciprocamente ostili, ma per il momento concordi nel desiderio che tutto andasse bene, la maschera più cordiale copriva i loro volti, e non una parola veniva proferita sull’argomento.

Diceva il principe, stendendo, come spesso usava, ora l’una ora l’altra delle sue corte gambe, quasi per il desiderio che si allungassero: