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bro, tra il fattore e l’ambasciatore, con le sopracciglia ferme diffidenti, sotto la fronte solcata da rughe ombrose; ma gli occhi verdi e lunghi lampeggiavano d’intelligenza, di curiosità, di avidità giovanili.

La grande bocca sensuale, coi denti in parte corrosi, in parte ricoperti di platino, forti e sporgenti ancora i canini, spiegava però la ripugnanza della principessa per lui.

Ella infatti, seduta all’altra estremità della tavola, fra il dottore e il Podestà, tutta bianca e scintillante come una notte invernale di luna, non sollevava mai gli occhi verso di lui che ogni tanto la fissava socchiudendo le palpebre come la vedesse per la prima volta.

È assente, il pensiero di lei, anche quando ella ride per gli scherzi del Dottore e i complimenti galanti del vecchio Podestà: e, appena finito il pranzo, lasciando al principe la cura d’intrattenere gli invitati, ella trova il modo di lasciarli e uscire sulla terrazza. Non che essa ami più le notti di maggio, il canto dell’usignuolo sui pini del parco, il profumo dei giardini; ma ha bisogno di sfuggire la compagnia di quegli uomini che non la interessano, che, anzi, col riflesso del tramonto della vita sui volti già sfatti, le destano un senso di profondo disgusto: ha bisogno di sentire, invece, in sé stessa, ancora intatta la forza della giovinezza; di respirare l’aria libera, di ascoltare l’abbaiare dei cani in lon-