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e santo. Non meno grave è l’aspetto di chi sta seduto davanti alla grande tavola centrale, e scrive sui moduli o fa i suoi conti con la concentrazione di un matematico o di un letterato; ed anche qui c’è gente d’ogni grado, poveri e ricchi, borghesi e militari: anzi, uno di questi attira la nostra più schietta ammirazione: è un bellissimo carabiniere, alto, con la vita sottile, i capelli color mogano che gareggiano col luccichìo della tavola; la sua ricca divisa ricorda quella di Napoleone: un carabiniere, insomma, che anche i banditi si fermerebbero ad ammirare.

E adesso è la nostra volta di accostarci al rito; ma esaminato l’assegno, l’impiegato solleva la testa di fungo porcino e ci domanda se abbiamo chi ci faccia garanzia.

— Non basta il nome?

Questa è la nostra presuntuosa replica; l’aspetto placido del funzionario ci ricorda però l’episodio postale di un nostro caro gloriosissimo amico, il quale, andato a ritirare un’assicurata, senza altri segni di riconoscimento che il suo celebre nome, si sentì rispondere:

— Mai conosciuto, mai sentito nominare.

Altra nostra replica: — Abbiamo il passaporto — ma non senza una certa contentezza che il numero dei nostri anni rimanga sconosciuto all’impiegato, ci viene risposto che neppure quello basta. E allora non ci resta che tornare un altro