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a gara le loro opulenze estive, i tramonti appassionati, e i pesci e i polli e i frutti per niente, facevano di tutto per sostituirti nel nostro cuore.

Ma tu adesso ci perdoni: l’azzurro del tuo cielo è oggi più commovente di quello sopra i poggi dell’estrema Toscana, e lo strido delle sirene più musicale di quello delle ghiandaie nei loro querceti: e il verde dei tuoi viali, che si tinge di rosso e di rame come le belle donne che vi passeggiano sotto, cancella il ricordo delle strade alberate della Valle Padana.

Si direbbe che questa diafana mattina di mezz’autunno, la città l’abbia tenuta in serbo per quelli che ritornano a casa dalla campagna con un cestino d’uva in mano, e il rancore e la diffidenza nel cuore: o forse tutto ci sembra più bello perché abbiamo in tasca un discreto assegno bancario, e, vista attraverso i vetri di un’automobile, la gente affollata nelle stazioni tranviarie ci ricorda le feste della rotonda balneare. Del resto, le donne sono forse le stesse, e non meno agili e spensierate; pronte sempre alla danza della vita: anche questa, che si distacca dal gruppo per proseguire a piedi la strada, e ha le calze e le scarpette grigie, rimasuglio di eleganza della sua esistenza di signorina. Adesso ha marito, e ritorna dal fare la spesa. Coraggiosamente ha adottato, invece della ipocrita valigetta, una bella sporta contadinesca,