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Poi, data la nostra cinica indifferenza, il mare tace, ma di un silenzio minaccioso di profeta che medita sull’indegnità umana: e tenta anche di sparire ai nostri occhi, confondendosi coi vapori grigi dell’orizzonte: si ha voglia di camminare sulla spiaggia ancora gialla e lucida, ma di un giallo di vecchia dama ossigenata: voglia di andare a cercare ancora con la punta dei piedi nudi l’onda molle e felina; fa freddo, però: un freddo anch’esso insolito, quasi ambiguo: non quello tedioso della città, né il gelo amico della montagna: è, più che altro, una sensazione nostra interna, un brivido di disperazione, come se debba avvicinarsi l’inverno polare, con la morte del sole e le muraglie di ghiaccio.

Dentro casa si sta ancora bene, coi fornelli accesi, nella cucina ridanciana di pomidoro e di peperoni fiammanti: il cefalo si lamenta sulla graticola, e il suo fumo di sacrifizio ammorba allegramente tutta la casa, penetrando anche nel presuntuoso salottino, che fino a ieri offriva ai visitatori le sue fresche sedie di salice bianco, e oggi sembrerebbe una ghiacciaia senza la bocca rosea del caminetto piena, come quella di un’amante, delle più ardenti promesse.

Manca la legna (oh, imprevidenza giovanile della bella stagione!); ma si farebbe presto a mandarne a chiedere una cesta al nostro buon vicino, il vecchio colono Panfilio; e con la legna, per ac-