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del luogo che non assistevamo agli esperimenti, e dunque ancora non tocchi dall’epidemia. Di giorno in giorno, però, i riferimenti delle meraviglie operate dallo Zucchi si facevano impressionanti e quasi allarmanti.

Egli aveva preso di mira specialmente i membri più giovani delle famiglie dei villeggianti: ragazzi estenuati dai recenti esami, signorine che si lasciavano attrarre dai suoi occhi favolosi come da quelli di un loro particolare innamorato: dai primi, fra le altre cose, si faceva consegnare i portafogli invero non troppo forniti; alle seconde imponeva di indovinare la data, la provenienza ed anche il contenuto delle lettere che si trovavano nelle tasche degli astanti. Doppiamente bendato, egli, poi, ritrovava gli oggetti più piccoli, accuratamente nascosti; indovinava l’ora, il minuto, il secondo degli orologi montati a caso ed in segreto dai suoi soggetti; svelava il pensiero delle donne isteriche, ed a queste riusciva ancora ad imporre di non sentire più i loro disturbi.

Una sera fece zimbello suo e del pubblico un nostro ospite adolescente, che per il resto della notte e il giorno dopo fu colto da emicrania e vertigini preoccupanti.

— Zucchite acuta, zucchite letargica, — diceva il signore incredulo.

Io feci purgare il ragazzo e gli proibii di ritornare agli esperimenti: ma il cavalier Zucchi,