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spio, sento che mio padre, appena uscito dal bagno ed ancora avvolto nell’accappatoio bollente, dice, accennando all’ospite ed a me:
— Fra cinque o sei anni li faremo sposare.
Io corro ancora, smarrita, coi capelli che si sono sciolti per la gioia paurosa del mistero annunziato dal verbo paterno. La ghiandaia mi chiama: non ho nulla da darle: le mando un bacio col bocciolo delle dita chiuse: essa sbatte le ali frullando il verde della quercia e vola via con uno sghignazzare da mascalzone.
*
I ragazzi si contendevano la chitarra, che passava rassegnata, gemendo flebilmente, dall’uno all’altro. Il campo delle partite a carte, l’ultimo giorno, rimase all’ospite e alla serva. Seduti uno per parte dello spigolo della tavola ricoperta di un tappeto in carattere, verde pisello, essi giocavano un po’ distratti, come ascoltando le note dello strumento per regolarsi sulla carta da gettare. La ragazza, insolitamente silenziosa, mi pare un’altra. Appoggiata alla mensola della credenza, io li guardo con un sentimento già umano di gelosia, e per fare qualche cosa svolgo e riavvolgo il filo di un gomitolo: ma anch’io ascolto una musica lontana, che va e viene, vibrando attraverso un filo svolto e riavvolto come quello