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parso, dalla parte opposta del viale, e si avanzava timido, con la coda bassa, colpevole di qualche cosa.
— Ho già capito, — ella disse, con cenni di rimprovero, — hai giocato con Renzo.
Questo Renzo era il figlio undicenne del portiere del castello. Ecco che appunto usciva dalla portineria, a fianco del cancello, tentando di evitare le due signore. La principessa lo chiamò: egli parve trasalire; poi si avanzò, anch’esso timido e quasi spaurito.
Arrivato davanti alla padrona, evitando di guardare il cane, come il cane evitava di guardare lui, si fermò dritto, impalato, in attesa di ordini.
— Perché non sei andato a scuola, oggi?
La voce di Alys era quasi materna, e quindi anche sospettosa e inquisitrice; ma il ragazzo aveva la scusa già pronta, la stessa adottata per suo padre.
— Il maestro è malato.
— Non è vero, — disse lei con impeto: — è che non hai voglia di andare a scuola: preferisci giocare con Ludovico.
— È lui, che è venuto a cercarmi...
Il cane scosse la coda, con assentimento: la principessa riprese:
— E adesso, dove vai?
— Mah, così! Giù, al fiume, dove c’è un mio amico che pesca.
Ella ebbe voglia di proibirglielo. Già, pesca