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condo trasbordo, con fermata di due ore, tutta la chiara città, e la spiaggia e il cielo di vero zaffiro, tutto fu nostro; a Bellaria, il nonno esclamò: «Ecco la villa di Alfredo Panzini!». E si stette in silenzio, come pregando.

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Ma questo viaggio, cara la mia Grace, è un portento di rapidità in confronto a quello mio primo. Il mio primo viaggio, se non contiamo quelli sui plaustri latini, ai tempi della mia beata infanzia, lo feci in diligenza: e fu il più bello della mia vita. Si andava da Nuoro, gagliardo cuore di Sardegna, a Casteddu Mannu, Cagliari, Karalis fenicia, per la celebre festa di Santo Efisio, ai primi di maggio. Avevo undici anni. La festa della primavera e quella della mia fanciullezza coincidevano dunque con la sagra del grande Santo sardo.

Bellissima era la diligenza, tutta lucidata a nuovo, con le ruote solari che non minacciavano pericoli di sgonfiamento: e i due cavalli bai che la tiravano non chiedevano altro che di camminare, sdegnando le frustate, anche se amichevoli, del vetturale in costume. E bella era la bisaccia, con dentro due cestini, che zio Andrea portava: bisaccia tessuta a mano, come un arazzo, coi motivi simbolici, in rosso e blu,