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«In quel tempo propose Gesù alle turbe questa parabola. Il Regno dei cieli è simile a un uomo, il quale seminò buon seme nel suo campo. Ma nel tempo che gli uomini dormivano, il nemico suo andò, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne partì. Come poi il seminato germogliò e granì, allora apparve anche la zizzania. E i servi del padrone di casa andarono a dirgli: «Signore, non hai seminato buon seme nel tuo campo. Come mai c’è la zizzania?». Ed egli rispose loro: — Uomo nemico ha fatto tal cosa. — E i servi gli dissero: — Vuoi che andiamo a coglierla? — Ed egli rispose: — No, ché cogliendo questa, non strappiate con essa anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano sino alla mietitura: e al tempo della raccolta dirò ai mietitori: sterpate prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla: il grano, poi, riponete nel mio granaio».
Finita, con voce un po’ monotona, la lettura, egli sollevò la testa liscia, e per un attimo, ma come distrattamente, fissò quella arricciata di Giovannino. Giovannino si aspettava quello sguardo, eppure sentì come un soffio di vento freddo penetrargli fra i capelli di agnello nero.
— Vi ho detto questa parabola, — disse il maestro, melanconico, — perché sabato scorso, di giorno, mi è stato rubato il gatto, e di notte le galline. Vada pure per queste, ma il gatto lo si doveva rispettare. Lo conoscevate tutti: era uno