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già desolatamente vuoto, c’era il miracolo di una gallina viva.
Ben venga, la gallina, in questo santo giorno di carestia; non aveva anche, una volta, preso forma di volatile lo stesso Spirito Santo, mandato da Dio ad annunziare la sua grazia e la sua misericordia agli uomini angustiati?
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Il lunedì mattina il maestro tardò alquanto ad entrare in classe. Giovannino, in cuor suo, come meno ipocritamente i compagni, sperava che il signor maestro fosse malato. E il viso, infatti, era pallido, più scarno e osseo del solito: gli occhi tuttavia vivissimi, con lucentezze di febbre. A Giovannino parve stranamente che egli rassomigliasse, quel giorno, al suo babbo; e ne provò un vago terrore, come appunto quando il padre si aggravava e l’odore della morte penetrava, col vento di scirocco e il buio delle nuvole, nella casa disperata.
Le lezioni, quel giorno, procedettero fiacche; e, insolitamente, quella sulla religione fu lasciata alla fine. Fuori c’era un po’ di nebbia; d’un tratto però il sole vi si sollevò sopra, come un grande uccello d’oro, e le vetrate si riempirono di perle. Allora il maestro si alzò solennemente, e lesse la parabola del grano e della zizzania: