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degli altri: e alla sua salute, quando andò in cantina a prendergli una mezza bottiglia del suo miglior vino, mandò giù di un fiato una mezza bottiglia per conto suo. E quando lo servì non gli rivolse la parola, ma rimase un po’ mortificato che anche l’altro restasse rigido e muto al suo posto, come un fantoccio ben vestito.

Un’altra persona che non si impressionò troppo fu la sopraggiunta signora Mercedes, col suo scialletto a fiori, la trecciolina di lana grigia annodata in cima alla testa tremula, e un piccolo cestino in mano. Con questo cestino ella vendeva, durante la giornata, giunchiglie e altri fiori campestri, e tutti gliene compravano almeno uno, — dai venti ai cinquanta centesimi, — perché s’era sparsa la voce ch’ella portava fortuna.

Ma se la portava agli altri, ella certo non la portava a sé stessa, se si guardavano le sue scarpe da uomo, che, diceva lei, ridevano per le tante piccole bocche delle crepature, e se dal cestino trasse, per cenare, un involtino, e dall’involtino una pietosa testina di abbacchio, arrostita. Ci mancava il meglio, alla povera testina, i cui occhi pareva piangessero ancora per le scottature: ci mancavano le cervella; ma le coppe ossee di queste, la vecchia aveva riempito di mollica di pane bagnato, col sale sopra; e parve darsi l’illusione di un pasto squisito quando cominciò, con le sue piccole mani grigie di mummia, tut-