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L’AVVENTORE

Capitò quella sera, nel locale del signor Giglio, un insolito avventore. Il signor Giglio è il vinaio del nostro quartiere: il locale, aristocraticamente intitolato «bottiglieria», è rifulgente di stucchi, di dorature, di eleganti scaffali; ma la clientela è sempre quella: piccoli borghesi, operai, infermieri, commessi, garzoni di bottega; anche donne, che sorvegliano i mariti ubbriaconi. Così, le due sale, la prima col banco, la seconda più raccolta e tiepida, sono sempre piene, sempre pervase da un’atmosfera di quieta letizia: si gioca, si beve; a qualcuno è permesso anche fare un breve pasto economico: tutto procede con calma, e gli avventori si conoscono l’un con l’altro come tanti parenti; e si vogliono bene. Tutto questo lo si deve all’onestà bonaria del signor Giglio, che dal suo trono di zinco presiede l’assemblea e, a sua volta, con la sua bella testona riccioluta di autentico Bacco saluta gli avventori come tanti suoi fratelli.