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Per qualche momento Leo si divertì ad ascoltare; poi il freddo lo riprese e con esso un senso di tristezza. La valle e le chine bianche di luna gli rinnovavano l’impressione del deserto di neve e del suo vano sforzo di lavorare nel nulla: e invidiò Marino che s’era portato gli strumenti e si serviva di essi, con gioia, come il poeta della sua lira.

Ricordava le parole del compagno: — L’uomo è nulla, se non è in quanto lascia fatto col suo pensiero e con la sua opera.

Anche il suo sogno gli sembrava una rivelazione di Dio. A lungo rimase così, sulla roccia, triste, avvilito. Avesse potuto accendere un po’ di fuoco! Neppure la pietra focaia e l’esca egli aveva voluto portare con sé, con la presunzione di farne a meno: e Dio forse lo castigava per questa sua presunzione, facendogli sentire il freddo in piena estate.

Si scosse e pensò ch’era ancóra in tempo a ravvedersi, a rientrare, uomo tra gli uomini, nella legge dettata da Dio al primo di essi.

E poiché fra le pietre sparse intorno, alle quali la luna dava un chiarore argenteo, ne vide una che gli ricordava il blocco che egli