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attraverso lo spazio, l’eco dei passi pesanti del suo compagno. E compiangeva il povero Marino, per il carico inutile che si era portato addosso, mentre lui saliva sgombro e leggero, senz’altro fardello che la sua carne nemica.

Sul far della sera questa gli fece sentire la fame e la stanchezza; egli continuò a salire lo stesso, finché una grande luce improvvisa sopra il bosco non gli annunziò che era arrivato alla cima.

Allora si buttò sulla nuda roccia e si addormentò sotto la fresca coltre del cielo ricamata dalle costellazioni.

*

La notte si fece fredda ed egli sognò di camminare ancora, attraverso una pianura coperta di neve: e grande era la sua pena, non per l’incorporea fatica, ma perché egli non vedeva la fine né sapeva lo scopo del suo viaggio. Tutto intorno era gelido immobile, senza vita, senza principio né fine: anche il pensiero di Dio si sperdeva in quel deserto polare, che era appunto come le terre informi prima che l’uomo nascesse e con lui il concetto della divinità.

Anche nel sogno, però, Leo combatteva contro gli spiriti tenebrosi che volevano distruggere la sua fede. Per tentare di scaldarsi e di sciogliere il vuoto intorno a sé cominciò ad ammucchiare con