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un povero Cristo del quale può fare un suo zimbello; poi lo aiuta a scavalcare la vasca da bagno, e quando sul misero corpo, che dentro l’acqua salsa a quaranta gradi, tende a salire a galla come fosse di gomma elastica, stende pietosamente un asciugamano dal petto al ventre: e tanto meno quando gli lava una dopo l’altra le gambe, ancora imbrattate di fango, e infine le mani, indugiandosi a pulire la destra gloriosa.
Il filosofo lo guarda, non senza una certa fredda tenerezza. Quella testa di Ercole imberbe, coi capelli castanei ricci così densi che sembrano di terra cotta, la bocca sensuale e triste, non gli desta invidia: solo pensa che gli farebbe comodo avere quotidianamente ai suoi servizi un domestico così forte, discreto, insensibile alle miserie ed ai fatti degli altri. A proposito, il ricordo della casetta bianca gli ritorna in mente: e, appena lasciato solo, si rimette a fantasticarci su. Adesso però la sua visione è ottimista; forse perché l’azione del bagno gli dà un senso di benessere fisico.
Bella gli riappare la casetta, come la si vedeva il giorno avanti, all’ora del tramonto: quasi rosea, e tutto intorno roseo, non per l’effetto del sole al declino, ma come per il riflesso del colore della vita intima che si svolgeva dentro le sue camere. Poiché le finestre erano state tutte spalancate, per ricevere completa la gioia del tra-