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Brunetto che frugava negli angoli del giardino per trovare qualche violetta e portargliela come il primo saluto della buona stagione. Brunetto ella lo aveva amato davvero, per lui stesso, perché era bello e buono; ed egli le si era rivoltato quasi per vendicare gli altri.

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Adesso i gridi di soccorso si moltiplicavano, s’incrociavano in aria, vicini, incrinando sinistramente lo sfondo cupo della bufera. Un altro crollo: dal tetto della casa volavano gli embrici: cadevano frammenti del cornicione, porte e finestre cigolavano come spiriti incatenati.

— Bisogna morire, — ella disse, sollevando la fronte, quasi rassegnata. Ma subito indietreggiò barcollando; un uomo era nella terrazza e tentava di aprire la persiana introducendo un uncino fra le stecche. Ella ripensò al danaro nascosto là sopra, e si accorse di averlo completamente dimenticato; non solo, ma di non curarsene più, come di tutte le cose terrene quando si sta per morire.

Eppure il terrore umano vinceva quello del sovrannaturale. La paura che il ladro riuscisse a penetrare in casa e la strangolasse, la faceva scivolare lungo la parete, silenziosa, come se egli, fra tutto quel fragore, potesse sentirla.