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con gli amici, le raccontava frottole di ogni genere.
— Non hai capito, stupida? — scattò però questa volta indignato. — Vado per la linea aerea. Arrivo a Genova alle cinque, riparto stasera in treno e domani mattina sono qui.
— Per l’anima mia!
Ella aveva spalancato la bocca, e non riusciva a richiuderla; mentre i suoi occhi, azzurri e dolci come quelli dell’angelo del mattino, si lustravano di orgoglio e di lagrime, quasi fosse lei a dover volare. Adesso capiva perché il signorino, rientrando nella casa dove per qualche giorno era assoluto padrone, cantava quel verso: e anche lei era incerta di trovarsi o davanti ai fornelli o nel lettuccio sgangherato del suo sgabuzzino.
*
Ma un primo risveglio la scosse subito, perché il signorino diceva:
— Quello che mi dispiace è che bisogna partire quasi digiuni, per evitare il mal di mare.
E di nuovo piegatosi sulla teglia dell’arrosto ne aspirò l’odore del simbolico alloro che insaporiva il piccione.
Il secondo risveglio fu ben più modesto, anzi del tutto spaventoso: e fu quando ella si accorse