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zoccolo delle corte calze a quadretti; e tutto mani, tutto piedi, tutto sopracciglia e occhi neri turbinosi, Landa trasalì di nuovo, poiché aveva un terrore panico di lui, come di un elemento pericoloso e incosciente che da un istante all’altro poteva travolgerla e annientarla. È vero ch’ella aveva paura di tanti altri elementi, dei tuoni, del terremoto, del padrone, quando, assenti gli altri, entrava piano piano in cucina, e, con la scusa di guardare quello che bolliva sui fornelli, si piegava a fiutare l’odore di giovinezza campestre e grassoccia della persona di lei; paura della padrona che quando tornava dalle visite invariabilmente la sgridava; e, poco fa, del silenzio stupito della casa, un mezzanino semibuio che dava su una strada sempre umida; e della responsabilità addossatale di vigilare contro i ladri, durante l’assenza dei padroni; e, infine, paura persino di sé stessa, o, meglio, di quello che poteva capitarle.

*

— Niente paura, — disse il signorino, che lo sapeva, — anzi allegria, e sopratutto coraggio. Fra otto giorni saremo forse milionarî. Aumento di stipendio a te; a me... te lo dirò poi. Intanto, senti, Landa...

Piano piano s’era avvicinato a lei, con la