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alte e rafforzate. Aveva l’impressione che a poco a poco, nei giorni seguenti, e poi durante il resto della vita, la maledetta pioggia epistolare avrebbe continuato, fino a riempire la casa, fino a soffocarlo: non questo, però, in fondo, era il suo incubo.

L’incubo vero glielo destava quella terribile intervista con sé stesso: e le innocenti domande del cronista si trasformavano in richiami urgenti e disperati della sua anima. Specialmente alla prima di esse non trovava risposta.

«E adesso che cosa farai?».

Non gli passava neppure per la mente l’idea di continuare a leggere qualcuna di quelle lettere, che in qualche modo gli tenevano compagnia nella notte solitaria; di trovare, fra tante buste ancora chiuse, il segreto di un dolore vero, di una miseria sciagurata: e di sollevarsi sollevando un suo simile. Nulla. Nel suo cuore non c’era posto per nessuno; neppure per la speranza di un po’ di gioia materiale.

«Non bevo, non fumo, non mi piacciono le donne: odio la campagna e il mare — così rispondeva a sé stesso. — Che posso farmene, di questi denari? Li metterò alla Banca; sia pure il cinque per cento, ne ho sempre di troppo. Del resto si stava bene anche prima. Solo che...».

Si sollevò, si guardò attorno, si vide nello specchio appannato, lontano, come nella penom-