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Suona... no. Sapristi! Non far entrare più nessuno; non voglio veder più nessuno.

Ma la signora Annamaria aveva già aperto, anzi aveva dovuto spalancare la porta, per ricevere un grande cestino di fiori: bei garofani rossi che dall’arco del manico infiocchettato salutavano con grazioso ardore la pallida e spaurita vedova e la triste casa dove entravano. Il ragazzo che li portava se ne andò senza aspettare la mancia; ma il signor Fausto trovò subito un biglietto di visita nascosto tra i fiori, e quando ne lesse il nome scritto a mano, scoppiò a ridere, fra l’indignato e il contento. Non rivelò tuttavia quel nome, al cronista curioso, e neppure alla sorella trepida: anche per paura di non essere creduto o di apparire ridicolo, poiché era il nome della signorina, adesso vecchia zitella, che lo aveva piantato ignominiosamente davanti alla porta del botteghino del lotto.

*

«E adesso che farai, caro Fausto? Come investirai il tuo capitale? Andrai in campagna? Prenderai moglie? Farai qualche oblazione? Arriveranno ancora molte lettere?».

Rimasto finalmente solo, così il signor Fausto continuava a intervistare sé stesso, piegato sulla tavola, fra le due trincee di lettere ancor più