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magnifica quaterna. Che è, che non è, la ragazza si fa livida in viso, mi volge le spalle e se ne va. Dopo, non mi ha guardato più in viso, come fossi stato un ladro còlto in flagrante.

— Dopo, non ha più giocato?

— Dopo, le condizioni mie modestissime migliorarono. Morì il marito di una mia sorella, lasciandole qualche cosa, ed ella mi pregò di vivere insieme per farci compagnia: anche io avevo ed ho lavoro. Così si sta con noi, in questa casa che è di nostra proprietà, e non abbiamo proprio bisogno di nulla.

Pareva volesse scusarsi, adesso, o scolparsi, il signor Fausto; ma il cronista non era soddisfatto, e insisteva con le sue domande:

— Che farà, adesso? Come investirà il suo capitale? Andrà in campagna? Prenderà moglie? Farà qualche oblazione? Ha ricevuto molte lettere?

— Guardi, guardi! Una disperazione, — dice, veramente desolato, il vincitore, sollevando e poi lasciando ricadere le lettere ancora in parte chiuse che ingombravano la tavola. — Anche telegrammi, anche libri con dediche. Tutti sono diventati miei parenti, miei amici, miei compagni d’infanzia. E tutti vogliono aiuto, oblazioni, prestiti, come se io avessi aperto una banca. Però il mondo lo conosco...

— Annamaria, — s’interruppe, correndo all’uscio e chiamando esasperato la sorella. —