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deva le orecchie all’insolito brusìo, e ricordava tante, tante cose. Quando le fu portata la minestra domandò per la terza volta notizie della festa.

— Tutto bene. Il podestà ha mandato un cappone che pare un maialino.

— Lui lo ha mandato, lui se lo mangerà — brontolò; e parve scontenta che cominciassero i regali e le offerte.

*

Al tramonto era ancora alzata: adesso, dai vetri chiusi, vedeva i monti color viola, sul cielo che aveva già un lieve rossore giovanile; dal piano terreno salivano odori di incenso e di zucchero bruciato, e con quelli le voci delle suore che, cantando il vespro, risonavano di vibrazioni appassionate. Un’atmosfera di festa fasciava già il Convento: e la più felice di tutte era lei, suor Vittorina, che ancora teneva la spola in mano come volesse portarla con sé a dormire, e poi sempre per l’eternità.

Venne finalmente la Madre, per la solita ispezione serale: e aveva fretta, più che mai una fretta di volo; ma la vecchia le afferrò la sottana e la tenne ferma, come appunto un uccello per l’ala.

— Sento dire che per la festa si fanno debiti, quest’anno...