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solitudine aspra e brulla: una a Pasqua, l’altra a settembre.
La Madre Priora si sveglia, una mattina ancor prima dell’ora consueta, e pensa, con istinto di angoscia, che bisogna cominciare i preparativi per la festa. Ella è così aderente alla sua vita metodica, un giorno come l’altro, e tutti di privazione, di vigilanza, di economia e di silenzio, che il solo pensiero della confusione festiva le dà un senso d’incubo. Ma immediatamente vince sé stessa; imponendosi di rallegrarsi e sopratutto di ringraziare Dio che riapre le nuvole e ridona alla terra e alle sue creature il tesoro del sole.
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Si alzò, si vestì al buio: era già però un buio meno opaco e freddo delle notti scorse. Si sentiva giù nella valle il fiume torrentizio scorrere placato, e anche la Madre sentiva il suo sangue riprendere calore e forza: sopratutto forza.
Quando fu vestita accese l’antica lampada a tre becchi, che pareva un grifo d’argento, e aprì la finestra.
Un palpitare di astri al tramonto, un odore di pietre umide, il canto del gallo risposero all’inchino ch’ella fece salutando la nuova giornata: poi scese, e, quando le suore, al richiamo